CANTO DEGLI ARMONICI


CONSAPEVOLEZZA

Una delle definizioni più efficaci che viene attribuita a questo tipo di emissione, che preferisco e che condivido, è quella spesso utilizzata anche da Roberto Laneri: “corpus di tecniche atte a ...”. In effetti se è vero che tale pratica prevede alcuni princìpi guida, è altrettanto vero che questi saranno elaborati, adattati e personalizzati da ogni singolo performer; il tratto vocale, spazio entro il quale si sviluppano i rinforzi formantici nelle zone di risonanza, è differente in ciascun essere umano, per cui giocherà un ruolo fondamentale la sensibiltà propriocettiva del nostro “io” consapevole. E' pur vero che tale assunto è previsto per qualsiasi tipo di pratica vocale. Una serie di percezioni, sensazioni, emozioni che in fase di apprendistato richiedono un attento e consapevole ascolto. Spesso per il neofita, performer o ascoltatore che sia, risulta arduo il riuscire a percepire acusticamente un componente armonico; e infatti è qui che potrebbe inserirsi il principio gestaltiano per cui “il tutto è più della somma delle parti”, ma non è così. Lo stupore di chi affronta questo tipo di esperienza potrebbe essere paragonabile a quello di chi si lascia pervadere dal fascino sensoriale di un arcobaleno senza entrare nel merito del processo fisico che lo ha creato. L'assenza di pensiero analitico. Modi differenti di intendere il suono. La nostra codifica del segnale acustico crea la sensazione di un unicum entro il quale la disposizione e l'intensità degli elementi costituenti determinano l'impronta timbrica dell'unicum stesso. Una delle cause che porta alla mancata percezione consapevole di uno o più componenti armonici può essere determinata da un'attenzione superficiale che prestiamo all'evento sonoro, per disabitudine, inesperienza all'ascolto, stress acustico. Nella lingua italiana comunemente parlata, a eccezione di qualche forma dialettale, non si presta mai sufficiente attenzione alla differenza di sonorità timbrica tra vocali chiuse e aperte; ad esempio le due vocali ó (chiusa) e ò (aperta), se considerate all'interno di parole che le contengano rispettivamente, come perdóno, amóre, vólo, piuttosto che cuòre, respònso, carròzza, non presentano sonorità poi così diverse; se invece considerate isolate da qualsiasi contesto e confrontate mediante spettrogramma ecco che le differenze risultano evidenti; è necessario il confronto. Nel nostro esempio il valore di ó è nullo se non rapportato a qualcos'altro, ovvero ò. E viceversa. Emettere una vocale aperta; quanto aperta, ma soprattutto aperta rispetto a cosa?

La determinazione vocalica è data dalla conformazione mutevole del nostro tratto vocale, spazio che dalla glottide arriva fino alle labbra. Le sue varie cavità, assumendo forme e dimensioni differenti a seconda di come vengono posizionati laringe, lingua, velo palatino, labbra e altro, determinano le variazioni di intensità delle singole componenti armoniche in relazione a parecchi fattori, tra cui ampiezza, forma ed elasticità delle pareti delle cavità stesse. Per esperienza personale, con persone a cui si spiega la pratica del canto armonico, ho notato che l'inconsapevolezza del proprio suono vocalico emesso rimane superficiale per i primi tentativi, dopo i quali subentra la percezione strutturale del timbro; si avvertono sempre più componenti sonore apparentemente estranee, e non perchè fino a prima inesistenti. Teniamo sempre a mente che nell'emissione di un suono vocalico - a prescindere dall'impostazione, operistica o jazzistica piuttosto che popolare – non andremo a creare nulla di più di ciò che lo spettro sonoro ci permette di rilevare, la serie delle componenti armoniche, delle quali modificheremo l'intensità. Nella pratica del canto armonico non faremo altro che isolare/enfatizzare un componente armonico aumentandone l'intensità (il volume sonoro per intenderci) e/o diminuendo quella di altri. In effetti ciò avviene comunque sempre, anche se in maniera meno evidente e meno consapevole, come pure nell'esempio delle due vocali o, sopra citato.


TEORIA BREVE


F
ormante: concentrazione di energia acustica, comprendente una o più componenti armoniche, in una certa banda frequenziale.

Le cavità del tratto vocale possiedono delle frequenze di risonanza proprie in rapporto a forma, dimensione e densità/elasticità delle pareti che le definiscono; al passaggio d'aria dalla glottide alle labbra avremo quindi concentrazioni di energia sonora, le formanti vocali (F1, F2, F3, e via a seguire), proprio in quelle bande frequenziali che corrispondono alle frequenze di risonanza delle cavità. Nella figura seguente abbiamo un esempio di distribuzione formantica, con evidenziati i relativi picchi:


Dalla figura si evince come una formante sia costituita da un insieme di componenti armonici, uno dei quali di intensità superiore rispetto a quelli che precedono e antecedono; tale componente armonico è quello che determina il picco formantico in quanto prossimo alla frequenza di risonanza della cavità.

Il tratto vocale assume forme diverse grazie ai movimenti di labbra, lingua, palato molle e spostamenti della laringe e della mandibola, e creando al suo interno cavità di differente struttura che determineranno quindi il rinforzo di certi gruppi di armonici (formanti) piuttosto che di altri. Le prime due formanti, F1 e F2, sono sufficienti per determinare la varietà vocalica (non la qualità timbrica).




TEORIA E PRATICA

A livello pratico andremo ad atteggiare alcune cavità del tratto vocale in particolari posizioni così da determinare delle camere di risonanza entro le quali, in rapporto alla loro dimensione, si avrà il rinforzo di alcune componenti armoniche. Una cavità di risonanza più piccola svilupperà l'intensità di componenti armoniche più acute (avrà una frequenza di risonanza più acuta), al contrario una cavità più ampia svilupperà l'intensità di armonici più gravi (avrà una frequenza di risonanza più grave), ricordandoci che ciò che risuona è il contenuto (aria) e non il contenitore (tratto vocale).

In realtà con un po' di pratica è possibile mettere in risalto a turno un componente armonico per ciascuno dei nostri suoni vocalici i - é - è - a - ò - ó - u, con quella che comunemente viene denominata, a mio avviso in modo impreciso dato che le cavità e quindi le formanti coinvolte sono più di una, tecnica a una cavità:












In queste sette figure sono evidenziate mediante spettrogrammi le prime due formanti per ciascuna vocale della nostra lingua. Utilizzando la tecnica a una cavità dovremmo essere consapevoli che le componenti armoniche utili al nostro scopo sono i picchi di F2, e che difficilmente si avvertono durante i primi tentativi in quanto sovrastati per intensità dai picchi di F1, solitamente con un'eccezione per la vocale ò, anche se è soggettivo.

Una volta scelto un suono vocalico si tratta di modificare la posizione di labbra e/o lingua; mediamente sono sufficienti uno o due millimetri per modificare l'ampiezza di un componente armonico rispetto al precedente o al conseguente.

Esempio pratico:

  1. scegliere il suono vocalico a e una frequenza comoda

  2. emettere il suono per qualche secondo mantenedo fissa la frequenza

  3. focalizzare l'attenzione su ciò che percepiamo a livello acustico

  4. iniziare a modificare la posizione delle labbra leggermente e molto lentamente come se volessimo arrivare alla posizione di una o aperta

  5. interrompere, prendere fiato e riprovare più volte

  6. invertire la rotta, ora da ò verso la a e ripetere il punto 5


Con un po' di esercizio non sarà difficile riuscire a percepire durante il passaggio tra le due vocali il movimento di tre o quattro componenti armoniche che a turno e in modo sequenziale, aumentando la propria intensità, daranno la sensazione di salire o scendere degli scalini.

Cerchiamo di comprendere il motivo per cui il diverso posizionamento delle labbra determina una variazione d'intensità di queste componenti armoniche; partiamo dal presupposto che per qualsiasi tipo suono vocale emesso, e in qualsiasi modalità, non è mai prevista un'unica zona di risonanza; in realtà questa modalità di emissione viene denominata tecnica a una cavità in quanto le vocali a - o - u richiedono una posizione della zona orale abbastanza ampia (lingua in stato di riposo, anche se in alcuni soggetti all'emissione della u corrisponde un leggero arretramento della massa linguale). Ciò che evidenzia il moto sequenziale delle componenti armoniche in questione è la differenza di posizione che le labbra assumono, associata al movimento della mandibola nel passaggio tra le tre vocali. Spieghiamo meglio più avanti, per ora si abbia fede.

Con questo metodo la percezione acustica di alcune componenti armoniche risulta essere abbastanza debole in termini di intensità; esiste tuttavia un'altra tecnica, detta - secondo me sempre impropriamente - a due cavità, la quale permette di evidenziare più nitidamente la percezione degli armonici e, aspetto più soddisfacente per l'esecutore, soprattutto componenti più acute rispetto alla tecnica a una cavità. A tal fine è sufficiente creare all'interno della cavità orale due camere di risonanza, e tra i vari modi naturali vi è quello di servirsi dell'apice della lingua.

Mi preme far presente che illustri performers e studiosi, Roberto Laneri, Tran Quang Hai, Graziano Tisato e molti altri, hanno già trattato tali metodologìe, non ho quindi la pretesa di aggiungervi nulla di nuovo ma solamente di analizzarne e quindi motivarne le funzionalità da un punto di vista acustico:


  1. atteggiare la lingua come all'atto di dover pronunciare la consonante l (elle), avendo cura di arretrare la punta della lingua stessa fino a metà palato

  2. emettere un suono vocalico simile alla u francese (sommaria fusione tra u e i) sempre su frequenza fissa, la punta della lingua sempre a sfiorare il palato medio


A questo punto possiamo proseguire con varie alternative, ne consideriamo due:

  1. labbra - ripetiamo lo stesso movimento provato per la tecnica a una cavità

  2. lingua - spostiamone la punta in avanti verso gli incisivi superiori e indietro verso il palato molle, ma in modo quasi impercettibile, di qualche millimetro


Il risultato sarà molto più apprezzabile, gli armonici evidenziati saranno più acuti rispetto all'altra tecnica, difatto la punta della lingua dividerà la cavità orale in due camere di risonanza, retro lingua e fronte lingua; quest'ultima avrà ampiezza minore rispetto all'altra e di conseguenza una frequenza di risonanza più acuta (F2).

Si noti la differenza di intensità tra il picco di F1 (2° componente armonico) e il picco di F2 (8° componente armonico), di molto superiore.

Una tecnica intermedia consiste nel produrre il fonema ɲ unitamente alla vocale i - ovvero gni di incognito – con l'avvertenza di mantenere la punta della lingua rivolta verso gli incisivi inferiori; protudendo le labbra e spostando tutto il corpo della lingua avanti e indietro, sempre molto lentamente e di pochi millimetri, si possono percepire altrettanto distintamente le prime componenti armoniche; si può ottenere il medesimo effetto lavorando anche solamente sul movimento delle labbra.

Consiglio comunque di cominciare con la tecnica a una cavità e solo dopo qualche risultato soddisfacente provare con le rimanenti.

Tecniche intermedie alternative divengono soggettive sperimentando su noi stessi tutte le varianti possibili, per cui sarà molto probabile quanto ovvio trovare una propria dimensione propriocettiva. Ricordo di un conoscente che, dopo la rottura del frenulo linguale (il filetto sotto la lingua), riusciva a rivoltare la lingua all'indietro fino a farne risalire la punta tra palato molle e faringe verso la cavità nasale producendo timbriche veramente particolari. Ciascuno trovi e focalizzi il proprio corpus di tecniche.


NASALIZZAZIONE & SFINTERE ARIEPIGLOTTICO

A mio avviso vi è molta confusione sull'idea che sia necessario nasalizzare il suono per ottenere suoni armonici ben evidenti nella tecnica a due cavità. Dipende dalla frequenza del suono generatore. La frequenza di risonanza di una cavità del tratto vocale, come già spiegato, è determinata esclusivamente da forma, dimensioni, e struttura del materiale che avvolge la cavità, quindi a prescindere dalla frequenza generata dalle corde vocali.

Esempio 1

un suono vocale con frequenza 100 Hz è costituito da una serie di componenti armoniche ciascuna con frequenza maggiore per multipli interi progressivi, ovvero 100 Hz, 200, 300, 400, 500, e via a seguire. Lo stesso suono filtrato da una cavità con risonanza propria corrispondente a 1500 Hz avrebbe un aumento d'intensità del 15° armonico (1500 Hz : 100 Hz = 15) e un'attenuazione delle componenti vicine:




Esempio 2

filtrando attraverso la medesima cavità di risonanza dell'esempio precedente un suono vocale con frequenza 250 Hz - costituito quindi da una serie di componenti armoniche pari a 250 Hz, 500, 750, 1000, etc. - avremo un aumento d'intensità del 6° armonico (1500 Hz : 250 Hz = 6):



Per avere un'idea più precisa a riguardo consiglio di prendere gratuitamente visione tramite web del testo di H. Von Helmholtz, tradotto da Alexander J. Ellis, On the sensation of tone as a physical basis for the theory of music. Le note di Ellis sono veramente molto interessanti, a mio avviso più del testo stesso.

Nella pratica del canto armonico un performer esperto, mediante la tecnica a due cavità, può spingersi fino all'enfatizzazione del 16° armonico e poco oltre, pur non avendo comunque molto senso acustico, data l'impercettibile discriminazione frequenziale tra componenti così acute.


Rimaniamo nella tecnica a due cavità; l'atteggiamento utile per la posizione della u francese e punta della lingua a sfiorare il palato medio differisce per ciascun performer, è sufficiente qualche millimetro di differenza, in ogni caso le frequenze di risonanza delle due cavità (fronte lingua e retro lingua) che si formeranno allo start potrebbero corrispondere rispettivamente a 300 Hz e 1500 Hz circa, quindi la struttura delle formanti di riferimento avrebbe approssimativamente questa rappresentazione:



Ora capite bene che se dovessi scegliere allo start una nota/frequenza relativamente bassa, ad esempio i nostri matematicamente comodi 100 Hz (approssimativamente la nota sol dell'ottava gravissima), al variare delle posizioni della punta della lingua potrei enfatizzare quelle componenti armoniche, multiple di 100, con un'escursione compresa tra 300 Hz e 1500 Hz (ricordo, anche se ovvio, che le frequenze di risonanza delle cavità non cambiano al variare della frequenza emessa dallo strumento) per un totale di circa una dozzina di componenti armonici secondo il calcolo (1500-300):100. La prima componente non la si considera in quanto frequenza fondamentale, eventualmente si possono valutare quelle poche componenti che seguono il picco formantico di F2:

Con una frequenza allo start di 400 Hz (approssimativamente la nota sol dell'ottava centrale, i maschietti dovrebbero eseguirla in falsetto, ovvero molto comoda in registro modale per il gentil sesso) il numero di armonici enfatizzabili si riduce drasticamente a 3 o 4 secondo il calcolo (1500-300):400, sempre omettendo f0, frequenza fondamentale:




A questo punto sorgono spontanee alcune riflessioni: secondo tutto questo ragionamento si dovrebbe supporre che mediante la tecnica a due cavità, che richiede l'utilizzo della vocale u francese, sarà possibile amplificare un componente armonico esclusivamente entro i 2000 Hz, già oltre il picco formantico della seconda formante F2 per questa vocale. Non è così. Mentre le prime due formanti determinano la differenziazione vocalica, altre formanti - F3, F4, F5, la formante di canto, la speaker formant e la presunta seconda formante di canto proposta da Ingo Titze nel 2003, tutte di frequenza superiore - stabiliscono la qualità timbrica del suono vocale. Nel nostro caso dobbiamo considerare F3, formante che nella pratica del canto armonico si colloca tra gli incisivi superiori/inferiori e le labbra. In effetti la protusione più o meno accentuata delle labbra permette lo sviluppo di componenti armoniche oltre i 2000 Hz.

Ma questo per il neofita è un passo da analizzare successivamente. Meglio procedere per gradi.

Altro: grazie alle due figure precedenti ora si può comprendere il motivo per cui è importante scegliere oculatamente la frequenza di emissione; se troppo grave possiamo enfatizzare un buon numero di componenti armoniche, ma con la scomodità di un suono ad uso esclusivo di voci basse/baritonali; se troppo acuta ne evidenzieremo un numero esiguo.

Vediamo finalmente in tutto ciò il ruolo della nasalizzazione; le cavità nasali non sono considerate come parte del tratto vocale ma piuttosto come un'appendice, data la particolarità che possiedono, ovvero quella di produrre delle antirisonanze (controformanti, generalmente mai al di sotto dei 400 Hz) all'interno del processo di strutturazione timbrica. Ciò comporta un abbattimento d'intensità di quelle componenti armoniche prossime per frequenza a quella delle antirisonanze a tutto vantaggio di quel componente che invece si desidera evidenziare. Non esistono precise bande frequenziali di antirisonanza, dipende da soggetto a soggetto; mediamente si collocano tra le prime due formanti.

Al processo di nasalizzazione prende parte il palato molle il quale grazie alle diverse posizioni che assume può convogliare il flusso d'aria o nelle cavità nasali o nella cavità orale; chiaramente tra questi due estremi - da evitare in quanto anti produttivi per il nostro fine - vi è un mondo di possibilità, e sarebbe bene esercitarsi nel dosare il flusso in entrambe le vie.

Lo sfintere ariepiglottico è una sorta di anello che dalle cartilagini aritenoidi arriva alla base dell'epiglottide:



la sua contrazione (twang), grazie all'azione combinata di aritenoidi e pieghe ariepiglottiche, comporta un incremento d'intensità di quelle componenti armoniche comprese tra i 2000 e i 4000 Hz.



Tra i vari modi di esercitarne l'azione ve ne sono alcuni abbastanza semplici: belare il suono o simulare il verso della papera o della vecchia strega - sono questi esclusivamente dei buffi ma efficaci esempi, non vi è intenzione alcuna di voler ridicolizzare un atteggiamento vocale che possiede un percorso storico/antropologico di enorme significato.

Un'esasperazione di tale contrazione comporta un altro effetto, ovvero lo smorzamento d'intensità delle prime componenti armoniche, spesso anche di F1, e in particolare della componente fondamentale (1° componente armonica f0).

Figure seguenti:


tecnica a due cavità con nasalizzazione ma senza contrazione dello sfintere ariepiglottico:

da notare il posizionamento di F2 e F3, sempre attestato attorno ai 300 Hz e ai 1500 Hz e a prescindere dalla frequenza di emissione; abbiamo in risalto l'8° componente armonica, velata perà dalla 2°, e una zona di antirisonanza nasale tra 500 e 1000 Hz..



da cui si nota come l'intensità dell'8° componente armonica sia rimasta allo stesso livello ma con un considerevole vantaggio sulla sua percezione acustica per lo smorzamento della prima formante F1.

A questo punto il divertimento consiste nello sperimentare sulla propria persona le varie combinazioni tra nasalizzazione, contrazione dello sfintere ariepiglottico e le tre tecniche prese in considerazione, possibilmente con l'ausilio di un performer più esperto e/o di un software audio che permetta l'analisi spettrografica in real time. In rete si possono reperire facilmente, sia free sia open source. Alcuni esempi: Baudline per linux e mac, RTSpect per win, Voxengo Span VST/AU.


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